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Via Romea - Res Cottidianae
Agli albori della musica occidentale a San Bernardino di Ivrea



All’interno dell’area industriale Olivetti a Ivrea è custodita la chiesa di San Bernardino, costruita a metà del XIV secolo come cappella di un convento francescano: qui si è tenuto, venerdì 24 maggio, l’incontro “Monaci coristi, cançoniere e menestrelli”, serata del ciclo “Res Cottidianae”, avente come oratore il maestro Sandro Frola.
Si è parlato dell’origine della musica occidentale, percorrendo un “pellegrinaggio” temporale dal IX secolo fino all’avvento dell’Ars Nova, lungo le tracce lasciate dalla tradizione musicale orale fino ai primi esempi di notazione. La narrazione è stata accompagnata da ascolti di frammenti musicali.

Il viaggio parte proprio dalla chiesa di San Bernardino, perché dopo la caduta dell’impero romano la musica veniva praticata soprattutto in ambiente religioso: la forma principale era il canto gregoriano, monodico ed essenzialmente senza accompagnamento musicale; le forme più arcaiche avevano influenze bizantine, stemperate in seguito dalle tradizioni musicali regionali. Il canto gregoriano deve il suo nome a papa Gregorio Magno (fine del VI secolo d.C.) ma probabilmente il raggruppamento dei canti liturgici è di epoca successiva, quando durante il Sacro Romano Impero gli imperatori carolingi cercarono di unificare i riti oltre che i territori, in una ideale commistione di religione e politica: vennero ridotte le influenze orientali, reso lo stile più pulito, regolare, centrato sulle parole. Il canto gregoriano è di tipo recitativo e l’antifona è una sua espressione tipica.
Le origini della polifonia invece risalgono agli “Organa” e sono precedenti il X secolo: erano canti in cui a una voce detta “tenor”, che seguiva la forma gregoriana, se ne sovrapponeva una seconda che cantava una melodia. Le due scuole principali sono francesi e sono quella di San Marziale a Limoges e di Notre-Dame a Parigi; la seconda ha lasciato i due maestri principali, entrambi del XII secolo: Leonin e Perotin (che compose organa anche a tre e quattro voci).
L’evoluzione del canto liturgico portò alla nascita del “Conductus” (una composizione che accompagnava gli spostamenti durante le celebrazioni nei luoghi di culto) e successivamente del “Mottetto”. Quest’ultimo si può considerare il ponte di passaggio verso l’Ars Nova: il componimento, spesso non più in latino e non legato a occasioni liturgiche, acquista complessità tanto che le voci potevano cantare testi differenti.

La chiesa medioevale era contraria alle forme di musica non religiosa, la musica profana probabilmente esisteva ma ha lasciato poche fonti prima dell’XI secolo. Dobbiamo attendere testimonianze come i “Carmina Burana”, codice di 228 componimenti (licenziosi e di protesta) contenuti in un manoscritto del XIII secolo scritti dai cosiddetti clerici vagantes, giovani studenti girovaghi con alcuni privilegi ecclesiastici.
Relativamente alla musica profana, bisogna ricordare anche la tradizione trobadorica, nata nell’XI secolo. L’avvento di una migliore situazione economica e di periodi di pace più lunghi consentirono la diffusione del poeta/musicista alla corte dei signori, il trovatore o troviere, figura poliedrica dalle origini sociali più disparate (si va da Guglielmo Duca d’Aquitania al più umile Bernard de Ventadorn) che non cantava più in latino ma in lingua volgare e trattava temi amorosi o cavallereschi.

Nel XIV secolo, la transizione politica che permea la vita europea si riflette anche nella musica: nasce l’ Ars Nova, che ha i suoi maggiori esponenti in Francia (Philippe de Vitry, Guillaume de Machaut) e in Italia (Francesco Landini): cambiano la notazione musicale e la tecnica compositiva, nascono forme musicali nuove (ballata, caccia).
E’ così che il nostro viaggio ci riconduce a Ivrea, dove tutto è idealmente iniziato: infatti nella Biblioteca Capitolare della città è conservato il Codice 115, manoscritto contenente musica popolare francese del XIV secolo, sacra e profana, in latino e lingua d’oil, con notazione caratteristica del periodo dell’Ars Nova.
 




Germana Vinelli

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