Storia in soffitta

Il destino dei piemontesi
Importanti sì ma... poco noti

Lascia un commento approfondimento di: Danilo Alberto



E’ proprio vero! Se cerchiamo su uno stradario oppure sul moderno e pratico Google Map,  una via, un corso oppure un vicolo dedicato a Filippo d’Agliè, a Torino, non lo troviamo.


Ci sono Filippo Turati, Filippo Acciarini, Filippo Burzio ed anche Filippo Juvarra, ma nessuna traccia del conte canavesano. Pensare che famoso lo fu e non poco ai suoi tempi nel lontano 1600, ma forse l’esser stato un abile diplomatico e politico di casa Savoia, un architetto, un letterato, un musicista  ed anche un coreografo eclettico non è bastato affinché la capitale sabauda lo ricordi tra i grandi che l’hanno servita… anzi, a dire il vero  lo ricordano davvero in pochi, probabilmente solo gli storici e quella rara e sparuta categoria di appassionati di casa Savoia.


Una imperdonabile dimenticanza? Forse no, ma prima di trarre conclusioni affrettate  proviamo ad incontrare  qualche altro personaggio piemontese importante, e verifichiamone la popolarità. 


Partiamo da un’epoca lontana, a cavallo dell’anno Mille troviamo un monaco benedettino, nativo dell’Isola di San Giulio sul lago d’Orta, egli contribuì a “costruire” la storia del suo tempo; Guglielmo da Volpiano, questo era il suo nome, fu abate ed architetto, partecipò al progetto dell’abbazia di Mont Saint Michel in Normandia ed alla chiesa di Saint Benigne di Digione ed in Italia realizzò l’abbazia di Fruttuaria nei pressi di Volpiano, che divenne un faro di cultura e civiltà per tutta l’Europa dell’epoca. Intervenne sulla Sacra di San Michele, sulla cattedrale di Susa e sembra anche su quella di Ivrea. Fu anche un grande riformatore, ovvero lavorò al fine di ripristinare le “consuetudines” consone allo spirito benedettino in moltissime abbazie. Probabilmente imparentato con Arduino della marca d’Ivrea, e venerato come santo dalla Chiesa che lo ricorda il 1° gennaio… ma neppure lui ha una via dedicata a Torino, fortunatamente la troviamo a Volpiano, dove è tenuto in altissima considerazione, almeno da quando qualche studioso lo recuperò dall’oblio riconsegnandolo alla “nostra” storia dopo che i cugini d’oltralpe lo avevano rinominato come “Guglielmo da Digione” visto che “loro” lo conoscevano molto bene per il suo operare in terra di Francia. Purtroppo anche lui non gode della popolarità e dei riconoscimenti che invece meriterebbe ma proseguiamo…


Ci spostiamo nel tempo avanti di circa 100 anni, l’area di competenza è questa volta Vercelli, il personaggio è un cardinale nativo di questa città, che dopo esser stato incaricato quale legato pontificio in Francia, viene inviato  con lo stesso ruolo in Inghilterra nel bel mezzo di una guerra civile. Sono gli anni delle rivolte baronali contro Giovanni senza terra e in questa situazione la Francia sta per fare la parte del leone sulla corona e sui territori inglesi. Il Cardinale è uomo di polso e prende in mano la situazione, dopo la morte di re Giovanni diviene tutore del giovane figlio, e si dimostra anche abile come statista: riesce infatti a riportare la pace e a fermare l’avanzata dei francesi e ricopre un ruolo preminente nella stesura della famosa Magna Charta. In Inghilterra è ricordato, ancora oggi, come salvatore della patria ed il giovane re, di cui fu tutore, per i servigi resi gli fece dono dei terreni di un’importante abbazia che gli permisero, al suo rientro in Italia, di costruire l’abbazia di Sant’Andrea in Vercelli… manca solo il suo nome: Guala Bicchieri… ha una via dedicata in Vercelli… peccato che il suo cognome sia stato storpiato… ma in ogni caso anche lui è popolare in Inghilterra ma non in Italia…


Arriviamo quindi al XIV secolo che vede i natali di Giorgio Valperga, conte di Mazzè che abbracciò dapprima la carriera del cavaliere di ventura agli ordini prima di Facino Cane; a quest’ultimo salvò la vita in un agguato tesogli a Milano, e poi del conte di Carmagnola; ma la sua fortuna ancora una volta non fu in patria poiché il suo valore nel maneggiare le armi e la sua abilità strategica gli permisero di ricoprire  importanti cariche alla corte imperiale di Sigismondo di Lussemburgo: generale del Sacro Romano Impero prima e poi ciambellano imperiale.  Ottenne anche da re Enrico V di Inghilterra l’ordine del re Edoardo, sembra sia l’unico caso tra i nobili italiani. Ahimè anche il suo destino è quello dell’oblio, gli è stata dedicata una via a Mazzè ma sono davvero pochi quelli che conoscono le imprese europee di questo conte canavesano.

 

Proviamo ad avvicinarci di qualche secolo, magari avremo maggior fortuna,  siamo nel 1700 ed incontriamo Antonio Bertola; a lui la via la città di Torino l’ha dedicata ed è anche in pieno centro, la condivide con il figlio adottivo Ignazio, una piccola confusione ma cosa da poco… ma la domanda è: per che cosa è famoso Antonio Bertola? Fu un architetto, tanto per cominciare e fu grazie a lui se le porte Palatine di Torino non vennero demolite in un piano di ristrutturazione del centro città e, sebbene già per questa sua visione del ricordo del passato  avremmo dovuto ricordarlo, c’è un’altra ragione ben più importante per cui dovremmo conoscerlo, poiché fu proprio lui che diede il via ai lavori in alta Val Chisone  e cominciò a tracciare i progetti di quella struttura difensiva militare che è la seconda al mondo per estensione complessiva, (seconda solo alla grande muraglia cinese) e che, guarda caso anch’essa si trova in Piemonte: si tratta della fortezza di Fenestrelle, tre chilometri di sviluppo su un dislivello di oltre seicento metri. Ma qui si incomincia ad intravedere della coerenza: non solo non si conosce il Bertola (architetto contemporaneo di Filippo Juvarra) ma neppure la sua opera è così nota, sembra impossibile ma è più famosa in Cina proprio a paragone della Muraglia.


Ed ecco il XIX secolo, ci intratterremo un po’ qui…
Iniziamo dal 1832, a Rivarolo Canavese nacque Luigi Palma di Cesnola, sarà un personaggio davvero straordinario, dalla vita poliedrica ed eclettica. Dopo aver combattuto a soli 15 anni nella Prima guerra d’indipendenza distinguendosi particolarmente, a soli 26 decise di trasferirsi negli Stati Uniti dove proseguì la carriera militare durante la guerra di secessione americana, dove si distinse e venne insignito della “Medal of Honor” la più alta decorazione militare assegnata dal Governo, ma anche per il suo carattere indipendente verso i superiori. Come eroe di guerra venne eletto console degli Stati Uniti a Cipro, dove si dedicò all’altra sua grande passione, oltre alle armi: l’archeologia. Durante il periodo cipriota porterà alla luce ben 35.000 reperti schedandoli e classificandoli personalmente. Al termine del mandato consolare rientra negli Stati Uniti dove diverrà un paio d’anno dopo il primo direttore del   Metropolitan Museum of Art, carica che manterrà per 25 anni fino alla sua morte. Una via la città di Torino è dedicata a questo singolare canavesano davvero tutto da riscoprire.


Nel maggio del 1847 a Piossasco nasce Alessandro Cruto, un inventore, si forma presso la Regia Università di Torino soprattutto attratto dalle materie scientifiche. Egli sogna di cristallizzare il carbonio per ottenere i diamanti. Dopo aver seguito le lezioni universitarie di un suo illustre contemporaneo di cui parleremo tra poco, viene a conoscenza degli esperimenti compiuti da Edison per ottenere un filamento adeguato per la lampadina elettrica e decide di sperimentare anche lui. Inventa infatti un filamento di grafite a coefficiente di resistività positivo (che aumenta con l’aumentare della temperatura) e ottiene anche di poter testare la sua invenzione nel laboratorio di fisica, ottiene così una lampadina funzionante il 4 marzo del 1880 solo cinque mesi dopo Edison, con la differenza è che l’invenzione di Cruto era già commercialmente valida mentre allo statunitense occorreranno altri otto anni per ottenere lo stesso risultato. Il seguito è la nascita di una fabbrica ad Alpignano tra il 1885 e l’86, la prima al mondo, che raggiunse la produzione di 1000 lampadine al giorno. Alessandro morì nel 1908 pressoché dimenticato da tutti. Ha una via dedicata Torino ed una Roma, ma quasi certamente chi vi abita nulla sa dell’inventore piemontese.


L’ottobre del 1847 diede i natali ad un altro geniale piemontese. Nacque a Livorno Vercellese, così si chiamava allora la cittadina che sostituì la seconda parte del nome con Ferraris proprio in suo onore nel 1925. Certo Galileo Ferraris è più popolarmente noto rispetto ai precedenti personaggi che abbiamo incontrato, ha addirittura un corso dedicato a Torino, e vari istituti che ne ricordano il nome ma… proviamo a chiederci… per quale ragione dovremmo ricordarlo? È strano perché in verità Galileo ha fatto davvero molto per noi tutti. Qualcuno associa giustamente il suo nome al campo magnetico rotante, ma in pochi fanno un passo in più ed arrivano a dire che senza l’intuizione di Galileo saremmo costretti ad avviare, come si faceva agli inizi, con la manovella la nostra autovettura ma anche la lavatrice o il frigorifero, poiché la sua idea ha permesso la realizzazione del motore elettrico che è alla base di tante, per non dire proprio tutte, le nostre attività quotidiane.


Concludiamo questa carrellata ricordando ancora un personaggio dell’Ottocento legato al mondo dello sport. Ancora una volta un nobile, nato a Vercelli nel 1857, si tratta di Eugenio Brunetta d’Usseaux. Furono davvero tanti i suoi interessi, ma egli è da ricordare poiché assieme al suo amico il Barone Pierre de Coubertin riportò in vita i giochi olimpici moderni. Il conte Eugenio fu il primo (e per ora anche l’unico) italiano a ricoprire l’incarico di segretario generale del Comitato Olimpico Internazionale. Era pinerolese di origini e visse parecchi anni nel castello di Mazzè, che per inciso ha l'attuale aspetto a seguito della ristrutturazione promossa dal conte.


Nove personaggi eclettici e poliedrici, tutti di notevole spicco internazionale che la polvere del tempo ha rimosso dalla memoria comune… è davvero curioso, ricordiamo personalità straniere che hanno avuto pari rilevanza, a volte anche inferiore a quelli appena descritti; non per questo si intende chiaramente affermare che  il Piemonte non abbia personaggi conosciuti e rispettati: Cavour, Giolitti, don Bosco, Quintino Sella, non sono che alcuni esempi.


Diciamo che quelli tratteggiati non hanno ricevuto nei secoli il giusto consenso popolare o forse rispecchiano meglio l’animo riservato e prudente dei piemontesi, abituati da sempre a vivere in una terra di passaggio, magari con la consuetudine di guardare sempre verso l’esterno della propria terra senza pensare che anche qui possano esserci vere eccellenze, ma ritengo che la ragione più profonda che segna il destino dei piemontesi come loro è data da quanto scrisse nel 1891  proprio Galileo Ferraris di ritorno dalla fiera di Francoforte ad un amico:   “…Senza che io me ne sia occupato ho visto a Francoforte che tutti attribuiscono a me la prima idea [l’invenzione del campo magnetico rotante], il che mi basta. Gli altri facciano i denari, a me basta quel che mi spetta: il nome”.


Il vero piemontese non ama mettersi in mostra, non pretende incenso e gloria, gli basta che gli si riconosca quanto fa con coscienza… questo purtroppo è incompatibile con la dilagante volontà dell’uomo di emergere e di primeggiare… per cui facciamocene una ragione cari amici piemontesi, sappiate che non se sposerete anche voi questa corrente di pensiero… non sarete ricordati.

 




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