Storia in soffitta

Fantasmi Canavesani lungo la Via Romea
Un brivido lungo la via...

Lascia un commento approfondimento di: Giuseppe Avataneo



I fantasmi e le storie ad essi associate hanno da sempre esercitato un particolare fascino nell’uomo, sin dalla giovane età; basti ricordare i racconti “terrificanti” che venivano fatti attorno al fuoco quando, adolescenti, si andava al campeggio organizzato dalla parrocchia; o le “case infestate” , praticamente presenti in tutti i paesi, che rappresentavano un obbligo morale andare ad esplorare, ( una sorta di prova di coraggio per essere accettati nel gruppo ,una “iniziazione” come le tribù dell’Africa o della foresta amazzonica).


Molte sono le tipologie di fantasmi; le forme che assumono; i suoni i colori o le sensazioni che li accompagnano; così come la durata o la scadenza delle apparizioni…che in questa sede sarebbe troppo lungo esaminare. Pertanto ho deciso di limitarmi a riportare i fenomeni legati a luoghi che si trovano sul percorso della via Romea Canavesana, o ad essa sono  in qualche modo correlati.
Naturalmente la rassegna è sicuramente incompleta  e ciò mi fa ben sperare che possa servire da inizio  e stimolo affinché altri lo proseguano e lo amplino col contributo di ulteriori  fatti a loro conoscenza.

AGLIE’: Una fra le più belle dimore sabaude il castello di Agliè è una elegante ed imponente costruzione facente parte del: “Circuito Castelli Canavesani”.
Il nucleo originario fu costruito nel XII secolo per conto della famiglia comitale dei San Martino. Nel 1667 il conte Filippo di San Martino commissionò all’architetto reale Amedeo di Castellamonte una prima trasformazione dell’edificio, che ancora manteneva una impostazione medievale.
Nel 1764 i conti di San Martino vendettero la proprietà ai Savoia, che la inclusero in quelle di Benedetto Maria Maurizio di Savoia, Duca del Chiablese, e ne affidarono la ristrutturazione, in stile barocco, all’architetto Ignazio Birago di Borgaro.
Nel 1939 il duca Tommaso di Savoia-Genova vendette il castello allo Stato italiano, che lo adibì a museo.


Nella sala detta “della Musica” , su di una consolle sotto una grande bacheca, si conserva, in tutta la sua bruttezza,  il busto in cera policroma, stoffa, tulle pizzo e perline, della principessa Vittoria di Savoia Soisson.
Nata nel 1683, sposa del principe Federico duca di Sassonia-Hilderburghausen, da cui si separò sei anni dopo. Nel 1752 si trasferì a Torino, dove morì ottantenne, colpita da apoplessia, l’11 ottobre 1763, e fu sepolta nella Chiesa di San Filippo Neri (traslato nel 1921 nella Basilica di Superga).
Suo erede universale fu, per testamento, il già citato Benedetto Maria.
A questa figura la leggenda collega i fatti accaduti un tempo nel castello, come il continuo frantumarsi dei vetri di alcune stanze. Si narra infatti che lo spirito in pena della principessa, nelle notti senza luna, si aggiri per i saloni deserti con: “macabri sospiri e orridi fruscii…”

 

AZEGLIO: Dell’antico castello rimangono solo alcuni tratti di muraglioni inglobati in una grande villa ottocentesca. Due giovani cavalieri si erano invaghiti della figlia del castellano, la quale però ricambiava l’amore di uno solo dei due.
Il rifiutato sfidò a duello il rivale nel cortile del castello. Mentre si incrociavano le spade la fanciulla si slanciò verso i rivali per farli smettere, ma rimase trafitta dalle lame.
Il cavaliere che l’amava, inorridito dall’aver involontariamente ucciso  l’oggetto dei suoi sogni, si gettò sulla propria spada togliendosi la vita; a quella vista il rivale fuggì urlando dal castello e di lui non si seppe più nulla.
Si dice che, in certe notti, sia visibile il fantasma della fanciulla che si aggira nei pressi dell’attuale ingresso implorando di smettere il duello, mentre si ode il cozzare delle lame. Poco dopo un’ombra scura si avvicina al bianco spettro e l’abbraccia, mentre le due ombre lentamente svaniscono.

 

CALUSO: Si narra che nel castello di Caluso abitasse l’irrequieta Diana de Bazoches, conosciuta per essere stata l’amante del marchese Gian Giacomo di Monferrato.
Di bell’aspetto e con un corpo statuario non nascondeva la sua indole libertina concedendosi peccaminose relazioni con inesperti giovanotti.
Di uno di questi amanti, il conte Roberto di Goarant, accadde però che la nobildonna si innamorasse follemente, ma costui se ne stancò presto e l’abbandonò per passare nelle braccia di una sua dama di compagnia.


Accecata dalla gelosia Diana avvelenò il conte che l’aveva lasciata, per venire a sua volta avvelenata dalla dama, che volle così vendicare l’amante.
A distanza di secoli la bella Diana continua a vagare tra le rovine del “Castellazzo” alla ricerca di nuovi amanti.
Appare come una donna sulla trentina, slanciata, coi capelli scuri avvolti in una treccia ed indossa un lungo abito grigio-azzurro con corsetto. Pare che da essa si sprigioni anche uno strano profumo, dalla fragranza accattivante, che ne esalta il fascino.

 

MAZZE’: Si racconta che nel XIV secolo il conte Raffaele Hugoniot avesse circuito la figlia del suo maestro d’armi, Grazia, ingannandola con false promesse di matrimonio e con una finta cerimonia di nozze, per poi abbandonarla e sposare a Milano la marchesa De Four.
Il maestro sfidò a duello il conte e, durante lo scontro nella sala d’armi si uccisero a vicenda. Anche Grazia morì di dolore per avere perso sia il padre che il marito.
Nella sala d’armi si odono ancora i rumori dello scontro, mentre il fantasma del conte si aggira torvamente nei sotterranei.

 

ORIO: L’antico castello che secoli fa dominava fiero il paese, oggi decrepito e meta di “soft-gunners”, è stato testimone di inspiegabili avvenimenti.
Nel novembre del 2007, una notte di due anni dopo, ancora una terza volta nei sotterranei dell’edificio ed infine una quarta in cui uno dei quattro presenti, tutti appassionati di “giochi di guerra”, fuggì terrorizzato.
In un caso rumori; freddo e nebbia in un altro; poi la visione chiara di un bambino, vestito di bianco e con i capelli corti che si udiva ripetere nel vento sempre le stesse parole: “Io ho già pagato!...Io ho già pagato!”.
Comunque già nel 1841 ad un ospite del conte de la Tour capitò un’avventura che mise a dura prova i suoi nervi.
Si trattava di un giovane che si era trattenuto alcuni giorni al castello a causa di un legane sentimentale con la nipote del conte.
Una notte, svegliato dal rumore della porta della sua camera che si apriva, vide la figura di un uomo, vestito in abiti seicenteschi, che lo guardava con occhi scintillanti e malevoli impugnando una spada. Il fantasma lo invitò a seguirlo lungo una scala che portava ad una cantina.
Giunto al fondo del corridoio la figura si fermò e batté più volte la spada ai piedi di un muro, invitandolo a scavare. Il giovane cominciò a togliere la terra con le mani nude e poco dopo rinvenne delle ossa umane che raccolse in un fazzolettone mentre il fantasma, visibilmente soddisfatto, rinfoderava la spada e svaniva.
Fatti seppellire i resti in terra consacrata il giovane indagando scoprì che, mentre si stavano apportando modifiche al castello, un gentiluomo straniero era stato attirato sin lassù, ucciso per impadronirsi della borsa contenente il denaro e frettolosamente seppellito tra le fondamenta

 

VISCHE: Come tutti i castelli che si rispettano, anche quello di Vische ha la sua storia di fantasmi.
Si narra che a metà del XV secolo vivesse nel castello il conte Fabrizio con la consorte. Un giorno giunse a corte una bellissima ed altezzosa fanciulla, cugina della castellana, che fu accolta con calore dai coniugi.
La ragazza mise subito gli occhi sul conte Fabrizio che, anche a causa delle raffinate arti della giovane, non tardò ad innamorarsene perdutamente.
Non contenta di ciò la giovane, che aveva nel frattempo intrecciato anche una seconda relazione con un giovanotto del vicinato, decise di sbarazzarsi della moglie del conte, utilizzando un veleno a lento effetto per prenderne il posto.
La forte fibra della contessa però resisteva e la spazientita avvelenatrice decise di versare in una tisana tutta la dose rimasta del tossico e farla bere alla nobildonna.
La poveretta però se ne accorse, in un ultimo impeto di energia si scagliò sulla cugina e, afferratala per il collo, la costrinse a bere il liquido avvelenato. Subito dopo però, per lo sforzo compiuto, anch’essa cadde esanime. Il conte trovò i due corpi qualche ora dopo e resosi conto dell’inutilità degli sforzi per rianimarle, lasciò disperato il castello e si arruolò in una armata che combatteva in una terra lontana, da cui non fece mai più ritorno.
Lo spettro della povera contessa  si aggira per le stanze del maniero, o lo si intravede affacciato ad una finestra, che ancora aspetta invano il ritorno dell’amato sposo.

 

Fonti Bbliografiche:

 

- Farnè F.: “Agliè, il fantasma è di casa – In: Archivio> la Sentinella del Canavese > 2004>10>11 – it.wikipedia.org/wiki/Castello_ducale_di Agliè
- Fenoglio A. : “Fatti e misfatti dei castelli canavesani” –Torino 1976
- Fenoglio M. e A.: “Guida ai fantasmi d’Italia” – Padova 1986
- Venesia  P.: “Il tuchinaggio in Canavese”  Ivrea 1979
- Sentinella del Canavese: Mercoledì 2/3/2016,pag. 11 – Articolo:”Gli acchiappafantasmi per il mistero del castello”
- Gorgoglione A.: “Canavese storie di fantasmi” – 12alle12.it/canavese-stprie-fantasmi-84743
- Bacolla F.: “Storie di fantasmi nel Canavese” – 12alle12.it/stprie-fantasmi-nel-canavese-112484
- 12alle12.it/orio-canavese-aaa-vendesi-castello-fantasma-85507
- La Mattina L.: 12alle12.it/orio-canavese-si-salvi-chi-può-cii sono i fantasmi-81632

 

 




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