Storia in soffitta

Beata Maria Enrichetta Dominici
Dio è babbo buono, sa tutto, può tutto e mi ama

Lascia un commento approfondimento di: Giuseppe Avataneo



Dopo un lungo silenzio, riprendiamo ad occuparci di piemontesi che hanno raggiunto l’onore degli altari, pur senza eguagliare la fama dei grandi Santi che questa terra ha generato. Questa volta prendiamo in considerazione una suora torinese, la Beata Maria Enrichetta Dominici.

 

Enrichetta Dominici, al secolo Caterina, nasce nella frazione di Borgo Salsasio di Carmagnola il 10 ottobre 1829, quartogenita di una semplice famiglia di campagna. La sua infanzia, circondata dagli affetti familiari, è serena sino all’età di quattro anni, quando il padre abbandona la famiglia, che si trasferisce a casa dello zio parroco, a Borgo S. Bernardo, altra frazione di Carmagnola, assieme al nonno ed a una zia.

 

La bimba però non si lascia abbattere da tale traumatica esperienza e, fin dall’adolescenza, dimostra tutto il suo forte carattere positivista sostituendo, alla figura dello scomparso padre naturale, quella di Dio; a cui si rivolge con amore, confidenza e fiducia filiale: ;questa è la frase che l’accompagnerà per tutta la vita.

 

La vita trascorsa in una canonica l’aiutò a modificare il suo carattere, timido ma orgoglioso ed indipendente,(non le piaceva essere contraddetta), divenendo pian piano una creatura umile, semplice, disponibile e docile; aiutando i poveri e confortando i malati.

Si confessava e prendeva la comunione tutte le settimane; elesse a sua patrona S. Caterina da Siena e volle diventare una monaca:<…ad ogni costo>.

 

Quando manifestò apertamente questo desiderio incontrò la ferma opposizione dello zio e le remore della madre che, pur non essendo contraria, aveva timore di rimanere sola e dovette attendere cinque anni per vedere avverato il suo sogno.

Entrò nella Compagnia delle , che accompagnavano i defunti al cimitero. A 15 anni iniziò ad insegnare il catechismo ai fanciulli.

Nel 1848, con la famiglia, si trasferì a Carmagnola e, nel novembre 1850, le fu permesso di farsi religiosa tra le Suore di S. Anna, accolta a Palazzo Barolo dalla fondatrice, la marchesa Giulia, che le suggerì di prendere il nome di suor Maria Enrica, (nipote prediletta della marchesa).

La Casa Madre sorgeva a pochi passi dal Santuario della Consolata. Nel palazzo Barolo venivano accolti i ragazzi di strada e le suore avevano il compito di educarli ed istruirli. Suor Enrichetta espresse la professione di fede nel 1853.

 

L’anno successivo fu destinata a Castelfidardo, poco distante dal santuario di Loreto, in una casa di nuova fondazione. Nel 1855, al manifestarsi di una epidemia di colera, suor Enrichetta ebbe modo di farsi amare ed apprezzare dalla popolazione, per il suo grande esempio di dedizione e sacrificio.

Cessata l’emergenza fu nominata maestra delle novizie e ne approfittò per esternare il suo desiderio di essere mandata missionaria in India.

Il 17 maggio 1857 incontrò in, udienza con le consorelle, papa Pio IX, in visita a Loreto. Nel 1858 tornò a Torino, proprio mentre cresceva il dissenso tra la fondatrice e la prima superiora della congregazione. Dopo l’intervento della Santa Sede, nel luglio 1861, venne così designata a succederle proprio l’allora trentaduenne Enrichetta.

Sentendosi inadeguata a quel gravoso compito, chiese consiglio al canonico Anglesio, successore del Beato Cottolengo, il quale le suggerì di:<…accettare con umiltà la volontà di Dio>. Madre Enrichetta: e rimase alla guida della congregazione, fino alla sua morte, per ben trentatré anni, portandola ad uno sviluppo straordinario. Fondò una trentina di “Case”, in Italia e fuori, venendo sempre riconfermata ad ogni scadenza di mandato.

 

Sempre convinta della necessità di evangelizzare l’India mandò, nel 1871, sei consorelle a Seconderabad per aprire la prima casa missionaria dell’Istituto, che visitò personalmente nell’ottobre 1879.

Il 14 luglio 1884 fu ricevuta in udienza da papa Leone XIII  e fu consigliera di San Giovanni Bosco nella stesura della “Regola” delle Figlie di Maria Ausiliatrice.

Affabile e gentile meditava a lungo avanti al Tabernacolo, raccomandandolo anche alle altre suore. Madre Enrichetta fu una mistica straordinaria ma, a colpire nel corpo ciò che non era possibile fare per quell’animo tutto vocato a Dio, fu un carcinoma al seno, manifestatosi a seguito di un forte colpo al petto subito durante una mareggiata sul battello che la trasportava da Messina a Napoli e che essa, accettando la volontà di Dio, tenne sempre nascosto, rivelandolo alle sorelle quando ormai era in stadio troppo avanzato.

Da fine novembre 1893, nonostante lancinanti dolori, continuò a guidare l’istituto pur non potendosi alzare dal letto. Al suo capezzale si recò anche la principessa Maria Clotilde di Savoia, figlia primogenita del re Vittorio Emanuele II.

 

Il 21 febbraio 1894, al momento del trapasso, aprì gli occhi, sorrise alle suore che l’attorniavano e mormorò le sue ultime parole: .

Nel 1926 le sue spoglie mortali vennero traslate nella cappella della Casa Madre. Venne beatificata il 7 maggio 1978 da Papa Paolo VI.

 

BIBLIOGRAFIA:

 

 




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