Storia in soffitta

Virginia, lettere dal passato
Nastrini di seta celeste rilegano i sospiri e le speranze scolorite di un maturo professore per la sua pupilla.

Lascia un commento approfondimento di: Franca Giusti



Lui è Francesco De Sanctis, nato sotto il segno dell’ariete nel 1817, in terra d’Irpinia (morto a Napoli 1883). Lei è Virginia Basco di Mazzè, contessa andata in sposa al conte Enrico Riccardi di Lantosca, a tutti nota come “la bella Virginia”. Bella, di buona famiglia ed educazione. E pia. Mazzè la ricorda per la sua attenzione verso tutti, verso i blasonati come verso anonimi contadini a cui talora elargiva, senza farne parola, una somma di denaro tal altra, accogliendo in villa la povera gente, per curarne gli affanni o soccorrendo i bisogni. Tutti sapevano quanto cordialmente essa tenesse aperta agli amici la propria casa e quanto fosse fedele, giovevole, amabile nelle amicizie e buona madre per quella fanciullina Clea che le fu affidata e che per sempre fu la sua famiglia.

Trent’anni dopo la morte del De Sanctis, attraverso una comune conoscenza, Benedetto Croce riceve, a Mazzè, dalle mani della contessa, di Virginia, le lettere da troppo tempo, affidate alla cura di nastrini di seta azzurra. E’ lo stesso Croce a raccontare di come si svolse l’incontro. Era l’anno 1914. Virginia era già malata e sofferente eppure mai rassegnata al destino che non voleva sentir incalzare. Ricevette il Croce e gli consegnò quel plico conservato chissà perché e per così tanto tempo. Si fermò con il critico accompagnandolo in una passeggiata nei giardini di quella residenza che aveva anche ospitato l’anziano professore, permettendo al Croce di condividere ricordi ed intuire le ragioni di tanta devozione di Virginia verso il De Sanctis. Intuire, come è possibile intuire leggendo le lettere pubblicate, (il Croce ne pubblicò 61, solo successivamente furono pubblicate le altre) e nove di Virginia al professore. Solo intuizioni, difficile poter affermare con troppa disinvoltura se si sia trattato di un mero esercizio di stile, ora in italiano ora in francese, nel periodo svizzero, o di una ricerca di semplice affettuosità familiare essendo egli lontano da casa e senza famiglia. Oppure di un coinvolgimento sentimental-emotivo unilaterale e crescente di intensità e di dramma nelle prime venti lettere. “Ti voglio fare una lunga lettera, dove mi voglio saziare a parlar sempre di te”. Oppure “e seguita ad amarmi come io ti amo”.

Uno stile melenso, copioso di invocazioni di attenzioni, De Sanctis quasi senza dignità implora affetto, non stima, attende conferma di esser in ogni pensiero ed in ogni istante nella vita della giovane allieva “manda alcuna volta un pensiero al tuo vecchio maestro e amico”.

E la attende ancora pur venendo a conoscenza delle nozze di Virginia nel 1858, con il conte Enrico Riccardi di Lantosca, colonnello di cavalleria che nel giorno di San Martino fu corriere di gravi e pericolosi messaggi tra Vittorio Emanuele II e Napoleone III.

Non ha pace l’uomo De Sanctis che per aver partecipato con i suoi allievi ai moti del 1848 scontò 32 mesi di prigione a Napoli in Castel dell’Ovo. Commutata poi la pena in esilio scelse come altri patrioti italiani, Torino, dove appunto conobbe, nel 1853, Virginia Basco che sarà per tutti e per sempre semplicemente Virginia. De Sanctis insegnò presso l’istituto della signora Elliot e privatamente a Virginia. Molto più giovane di lui. E forse anche per questo meno avvicinabile e molto più affascinante.

L’animo nobile a cui era allenata la incoraggiava a sostenere la corrispondenza e il buon umore del professore. Quando però lui non scriveva, lei certo non lo cercava e fu così che per almeno una decina d’anni non si ha traccia di missive se non qualche scambio di auguri in prossimità delle feste natalizie. Ma Virginia sa bene l’importanza della letteratura, dello stile del suo maestro ed è consapevole di contribuire alla crescita dello stile epistolare e critico del suo maestro e lo ispira, gli offre spunti di riflessione e di abbandono. Quando De Sanctis avverte la mancanza, il desiderio, il bisogno, torna a scriverle cercando una qualunque occasione letteraria. Virginia, rivolgendosi al professore usando il voi, gli ricorda la stima e sottopone al suo severo giudizio i lavori da lei redatti ora sul Leopardi, ora sull’Annibale di Plutarco. Il professore sempre con molta ed ingiustificata speranza, aspetta la corrispondenza per rispondere, a volte interrompe l’attesa, anticipando e fantasticando sull’affettuoso ricordo che l’allieva serba di lui che sempre più desideroso di incontrarla, raramente ottiene udienza. E raramente Virginia lo informa dei suoi spostamenti. Lui l’avverte sempre dei suoi. Con puntuale speranza e dedizione, anche dopo le nozze di Virginia. Lui racconta dei viaggi faticosi ostacolati spesso dalla neve sul San Gottardo, lei racconta delle feste e del carnevale di Torino. E delle nozze. La lettera del De Sanctis arriva, quasi puntuale, un augurio sofferto ma dignitoso, formale ma sincero, affettuoso ed ombrato. Poi ancora fiumi di lettere, dal tono più mesto ma mai parche di affettuosità e sempre si chiudono con un delicato saluto ai genitori ed ai fratelli. Non allo sposo.

Così si espresse Filippo Crispolti:
Qualche tempo addietro la trovai che sfogliava le lettere scrittele dal De Sanctis. Quanto si rallegrava a pensare, che, dopo molti anni di noncuranza generale dell'opera di lui, oggi è stato riposto tra i maggiori critici d'ogni tempo e d'ogni paese. E se ne rallegrava non tanto come ammiratrice, quanto come persona che aveva conservato per lui una devozione amorevole e che si commoveva delle sue bontà ancora più che degli splendori del suo ingegno”.

Chissà perché tenere tutte quelle lettere. Trent’anni di polvere ed umidità. Ai sentimenti non si sa mai come reagire. Poi la risposta in un giorno qualunque di quel 1914 quando il Croce ricuce gli anni e gli affetti con passo lento tra le viti ed il profumo d’uva che a settembre rallegra le vie di Mazzè. 

Fonti Bibliografiche

B. Croce, “Lettere a Virginia” 1917
De Bernardi - Lanza – Barbero “Letteratura italiana” SEI 1982
Filippo Crispolti commemorazione in “Appendice — La contessa Virginia Riccardi di Lantosca Basco”, di B. Croce
http://www.mattiaca.it/virginia.htm





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