Storia in soffitta

Passa da Mazzè il GRADUS TAURINENSIS
Il Meridiano del Beccaia e la Carta generale dello Stato sabaudo.

Lascia un commento approfondimento di: Franca Giusti



E’ di 112,06 km la lunghezza attribuita da Giovanni Battista Beccaria nel 1774 al “Meridiano di Torino”, il Gradus Taurinensis. E passa per Mazzè. Fu Carlo Emanuele III ad affidare l’incarico del calcolo al monregalese per nascita, fisico, astronomo e principale fautore del rinnovamento scientifico dell'Ateneo torinese nel XVIII secolo (Mondovì, 1716-Torino,1781).

Altri sovrani nell’Europa del XVIII secolo avevano incaricato i loro scienziati di misurare la configurazione della terra, affidando questo compito a scienziati impegnati nella misurazione degli archi meridiani, come ricordava l’astronomo Ruggero Boscovich e nel regno sabaudo, già nel 1714, Vittorio Amedeo II auspicava la realizzazione di un osservatorio astronomico.

La misura adottata oggi è pari a 111,137 km, appena un po’ inferiore, ma il calcolo del Beccaria fu la base per i calcoli della circonferenza terrestre, pari a 40332 km e per la misura di un arco di meridiano in Piemonte, appunto quello di Torino. Beccaria cominciò fin dal 1760, i lavori di misurazioni per la triangolazione tra Mondovì e Andrate passando per i vertici di Sanfrè, Saluzzo, Torino, Rivoli, Superga, Balangero, Mazzè ed utilizzando quadranti e settori speciali di sua costruzione. I risultati furono pubblicati dallo stesso scienziato nel Gradus Taurinensis e servirono successivamente come base per altre misurazioni, prima fra le altre il tracciato della "Carta generale dello Stato Sabaudo". Due piccoli obelischi gemelli sono stati posti a ricordo del calcolo del Beccaria, uno posto a Torino, in Piazza Statuto l’altro al capo opposto dell’arteria a Rivoli, al termine di Corso Francia.

Al secolo Francesco Ludovico, di modesta famiglia, il nome Giovanni Battista (o Giambattista) gli fu dato quando, giovanissimo, prese i voti all'Istituto religioso dei padri scolopi di Mondovì, dove iniziò ad utilizzare questo nome per firmare i suoi primi scritti. E fu allora che iniziò a sviluppare gli studi scientifici di rilievo; Padre Beccaria formò un gruppo di studio, educando tra gli altri giovani, Joseph-Louis Lagrange, Gianfranco Cigna, Alessandro Volta e Luigi Galvani. Da qui nacquero i futuri fondatori della Privata Società Scientifica Torinese, e successivamente l'Accademia delle Scienze di Torino. Nel tempo, i calcoli e le misure del Beccaria furono contestate e confutate e poi ancora confermate ed appoggiate, primo fra tutti il geodeta francese François Cassini, nipote del più noto nonno Gian Domenico, contestò il valore numerico della latitudine stimata dallo scienziato piemontese a 1°7’44” (il risultato del Cassini nipote, basato sulla misura dell'ellissoide medio, fu di 1°8’14”;). Nel 1820 però fu il fisico Plana a riconfermare nuovamente i dati del Beccaria, motivando la discrepanza rispetto al valore teorico dedotto dal geodeta francese con la vicinanza delle Alpi, la cui attrazione gravitazionale influenzava in maniera sensibile la direzione del filo a piombo.

Per determinare la lunghezza di tale porzione del meridiano terrestre che taglia il Piemonte da Andrate fino a regione Belvedere di Mondovì (CN) lo scienziato utilizzò dei metodi geometrici-trigonometrici simili a quelli inventati ed usati dal greco Eratostene, e ripresi dall’astronomo Domenico Cassini presso Perinaldo, in Liguria, nel 1696. Il Beccaria misurò tutta la lunghezza del viale Corso Francia che collegava già allora la Piazza Statuto di Torino con la rotonda di Corso Susa a Rivoli, distante 12 km, quindi sulla linea est-ovest del parallelo 45°,04' N con uno scarto di 30"; tale misura fu quindi usata per la triangolazione Andrate – Mondovì attraverso trigonometrie geografiche con altre località piemontesi quali Superga, Balangero, Mazzè, Sanfrè e Saluzzo. Utilizzò due pietre di marmo per segnalare gli estremi del corso Francia e indicandone la precisa posizione ai lati del viale con alcuni alberi segnaletici.

Nel tempo le pietre vennero sepolte dalla terra e gli alberi tagliati, così che i resti di questo esperimento andarono dispersi fino al 1808 quando il Generale Sanson, alla guida della dominazione francese di Napoleone, diresse i depositi di guerra e incaricò l’ingegner Lasseret di ricercare quelle pietre in marmo, sulla base degli appunti e del saggio firmato dal Beccaria e appunto intitolato Gradus Taurinensis. Le pietre furono trovate e, a ricordo di quell’importante calcolo, si posero, al posto delle pietre, i due obelischi presenti ancora oggi e con iscrizioni in latino.

La scrittrice Marina Jarre, in un suo romanzo, descrisse così il piccolo obelisco di Piazza Statuto:
La grigia guglia di granito sormontata da un globo di bronzo con i meridiani, tra il verde di Piazza Statuto, ricorda ai Torinesi un pezzo di storia cittadina sul finire del settecento quando, in una città di 72.500 abitanti, rischiarata da poche rudimentali lanterne ai crocevia, l’elettricità era ancora una forza misteriosa con la quale solo “i maghi” potevano prendere confidenza. E mago era considerato dal popolino Giambattista Beccaria, un frate di Mondovì che abitava all’inizio di via Po (una stanza che fu incorporata nell’Hotel Londra sopra il Caffè Dilei) e che aveva impiantato in una torretta un piccolo osservatorio di meteorologia e di astronomia sormontato da una spranga di ferro: il primo parafulmine italiano”.

Beccaria ebbe intensa corrispondenza con Franklin con il quale condivideva molte idee riguardanti soprattutto l'elettrologia, come attesta nel trattato Dell’Elettricismo Artificiale e Naturale scritto nel 1753. In seguito ai suoi studi, e alle scoperte di Franklin, furono installati dei parafulmini sulla Basilica di San Marco a Venezia e sul Palazzo del Quirinale a Roma sotto la sua diretta supervisione, e nel 1770 anche sul Duomo di Milano. Anche ad Andrate è stata posta una lapide a ricordo del lavoro svolto dal Beccaria nella chiesa parrocchiale; sulla parete a sinistra dell’altare, una lapide di marmo riporta l’incisione:

“Il Padre Giovanni Battista Beccaria già nel 1762 osservava le stelle da questo foro col suo Settore Zenitale. Il Barone Cav. Plana Giovanni Astronomo dettava la presente nel 1863”. La piazza del Municipio di Andrate è stata intitolata a suo nome. Non fu però solo un elettrologo il Beccaria, amò e studiò accuratamente la letteratura latina, la poesia e l'arte. Dopo aver combattuto contro una lunga e dolorosa malattia, morì a Torino il 27 maggio 1781, mentre lavorava ad un trattato sulle meteore.




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